Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 18 febbraio 2017.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Un gene di rischio per la dislessia influenza la rappresentazione del suono nel tronco encefalico. La dislessia dell’età evolutiva è un disturbo di apprendimento della lettura fortemente associato a KIAA0319 e DCDC2: due geni che hanno un ruolo nella precisione del tempo di picco dell’onda di depolarizzazione assonica. Poiché è stato scoperto che i dislessici presentano una codifica imprecisa di input uditivi verbali rapidi nei centri acustici del tronco encefalico, si è indagata la possibilità che i geni di rischio per la dislessia abbiano un ruolo nell’influenzare la qualità della codifica del suono nel tronco encefalico. Neef, Friederici e colleghi forniscono la prima evidenza che il gene associato alla dislessia KIAA0319 può alterare le risposte troncoencefaliche ed invalidare l’elaborazione dei fonemi nelle formazioni grigie delle vie acustiche di questo segmento dell’encefalo. Tale relazione gene-cervello rappresenta un’importante nozione nel quadro interpretativo dei rapporti genotipo-fenotipo, in una condizione multifattoriale complessa, quale quella all’origine del disturbo dislessico [Neef N. E., et al. Dev Cogn Neurosci. 24: 63-71, 2017].

 

Scoperto un meccanismo che consente all’attività neuronica di produrre energia per la neurotrasmissione. Ashrafi e colleghi dimostrano che l’attività induce la traslocazione del trasportatore del glucosio regolato da insulina GLUT4 sulla membrana plasmatica, dove sostiene la produzione dell’ATP richiesto per il ciclo delle vescicole sinaptiche. La traslocazione si verifica su membrane diverse da quelle vescicolari e implica un meccanismo molecolare distinto.  [Neuron 93 (3): 470-472, 2017].

 

In che modo è organizzata l’informazione astratta nella corteccia prefrontale? L’informazione è rappresentata nel cervello da configurazioni di attività corticale distribuita. Nella corteccia sensoriale tali configurazioni sono espresse mediante circuiti con una intrinseca architettura funzionale, organizzata secondo le dimensioni degli stimoli rilevanti. Waskom e Wagner, delle Università di Stanford e New York, hanno indagato la possibilità che l’informazione astratta, quale quella di regole o scopi, segua gli stessi principi di organizzazione nella corteccia prefrontale. I risultati dello studio dimostrano che le rappresentazioni della cognizione diretta da uno scopo, e più in generale l’informazione astratta, seguono un’architettura fisiologica intrinseca nella corteccia prefrontale umana, rivelando un principio di organizzazione funzionale in una scala precisa nella corteccia di associazione. [PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.1615269114, 2017].

 

La proteina infiammatoria C-reattiva aumenta per la paura negli uomini ma non nelle donne. Livelli accresciuti di markers infiammatori periferici, inclusa la proteina C-reattiva (CRP), sono associati ad aumentato rischio di depressione, ansia e tendenza al suicidio. Swartz e colleghi hanno esaminato in 172 giovani studenti l’associazione fra le concentrazioni periferiche di CRP e l’attività dell’amigdala, studiata con fMRI, in risposta a stimoli minacciosi che generano paura, un biomarker neurale di depressione e rischio di disturbi d’ansia. Il risultato è stato per molti versi sorprendente: alla maggiore attività dell’amigdala legata a stimoli minacciosi corrispondevano livelli elevati di concentrazione periferica della CRP solo negli uomini; nelle donne, invece, non è stata rilevata questa associazione. Questo interessante dato si aggiunge ai numerosi altri che documentano importanti differenze fisiologiche fra i due sessi nelle condizioni di ansia e paura in risposta stress e pericolo. [Cfr. Psychoneuroendocrinology 78: 93-96, 2017].

 

Dipendenza da nicotina e depressione: quale delle due è causa dell’altra? Uno studio accurato, che ha comparato caratteristiche sociodemografiche e cliniche in 546 persone che avevano sviluppato dipendenza da nicotina (ND) prima di un disturbo depressivo maggiore (MDD) e 801 persone in cui la depressione aveva preceduto la dipendenza da nicotina, non ha potuto trarre conclusioni semplici e schematiche, confermando la complessità già nota agli psichiatri. La precedenza temporale di uno dei due disturbi influenza notevolmente la possibilità che si sviluppi l’altro, ma sono possibili circoli viziosi in entrambe le direzioni, complicati da uso e abuso di alcool ed altre sostanze psicotrope. [Martinez-Ortega J. M., et al. Psychiatry Res. 250: 164-169, 2017].

 

Un regime alimentare con pochi giorni di digiuno al mese allunga la vita. Un vecchio artificio di laboratorio, che molti ricercatori in Italia avevano imparato da Erspamer e che era ben noto a Rita Levi-Montalcini, consisteva nel ridurre la razione alimentare dei topi per prolungarne la vita. Da allora gli studi sulle diete ipocaloriche volte al fine di rallentare i processi di invecchiamento e contrastare lo sviluppo delle malattie della senescenza si sono moltiplicati, e dei principali degli ultimi 14 anni abbiamo dato notizia. In uno di questi studi è stato accertato che un regime ipocalorico protratto molto a lungo può determinare nell’età media e avanzata l’espressione di geni normalmente espressi solo in età giovanile. È noto che la Montalcini per abitudine di vita ha tenuto un regime ipocalorico semplicemente mangiando pochissimo, ed è ragionevole supporre che abbia raggiunto i 103 anni anche per questa ragione, oltre ovviamente che per la sua costituzione genetica e per il costante stimolo cognitivo.

Sul sito web di Science mercoledì scorso Mitch Leslie ha dato notizia di un lavoro appena concluso da un team condotto da Valter Longo della University of Southern California che ha sperimentato per 3 mesi su 71 persone una dieta consistente in una riduzione drastica delle calorie assunte, mimando il digiuno (fast-mimicking diet), per soli 5 giorni al mese. Per inciso notiamo che questo stile dietetico ha numerose varianti, la migliore delle quali prevede la riduzione dell’apporto alimentare a 500-600 calorie (circa un quarto della media) per due soli giorni a settimana (5 giorni apporto calorico medio, 2 giorni di quasi digiuno). Per conoscenza dei nostri lettori, aggiungiamo che nei cinque giorni al mese i volontari dell’esperimento assumevano un cibo ipocalorico (per un totale di 700-1100 calorie), contenente grassi quasi esclusivamente poli-insaturi, prodotto da un’azienda della quale Longo è un cofondatore. Rispetto al gruppo di controllo che non ha mutato la propria dieta abituale, i volontari hanno fatto registrare una perdita ponderale media di 2,6 Kg, una riduzione della pressione arteriosa, del grasso corporeo e di altri parametri connessi col rischio cardiovascolare.

Due anni fa il gruppo di Longo, sperimentando una versione di questa dieta nel topo, ha riscontrato altri benefici, quali la riduzione del tasso ematico di glucosio, la riduzione di incidenza di tumori ed un complessivo allungamento della durata della vita. Naturalmente, con un trial randomizzato di tre mesi, non è possibile verificare se questo regime alimentare è in grado di prolungare la vita, ma Longo nota che il livello di ILGF2 (insulin-like growth factor 2), che promuove l’invecchiamento nei roditori e in altre specie animali, si è ridotto, così come i tassi ematici di glucosio e colesterolo.

Lo studio sarà pubblicato su Science Translational Medicine.

L’interesse della nostra società scientifica per questi studi è accresciuto da una nozione ormai consolidata: il miglioramento dei parametri connessi col rischio cardiovascolare e di altre malattie dell’invecchiamento influisce positivamente sulla fisiologia cerebrale, generando un circolo virtuoso con un miglioramento della regolazione neuroendocrina e di parametri di attività infiammatoria ed immunitaria.

 

Notule

BM&L-18 febbraio 2017

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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